Interiorità nella Bibbia

Introduzione

Quando si parla di interiorità nella Sacra Scrittura bisogna tenere conto del mondo culturale in cui questo concetto di inserisce. L’ambiente del Nuovo Testamento si muove e si esprime con categorie proprie: quelle del mondo semitico. La cultura ebraica non fa uso di concetti astratti come invece siamo soliti esprimerci noi del XX secolo.  L’Antico Testamento usa termini concreti per esprimere dei “concetti”. Per questo allora è importante vedere con quali termini il Vecchio Testamento esprime la realtà dell’interiorità umana.

  1.  L’interiorità’ nel Vecchio Testamento

Nell’Antico Testamento la parola chiave che indica l’interiorità umana è il “cuore” (leb o lebab). Questa parola è usata in due sensi: una per indicare la sede della forza fisica (Sal 38,11; Is 1,5); l’altro, in senso traslato, per indicare il centro, l’interiorità dell’uomo.

Questo secondo senso è quello più usato dagli autori del Vecchio Testamento per il quale il cuore è:
(i) sede della gioia (Dt 28,47) o del dolore (Gen 4,19).
(ii) sede dell’intelletto e della conoscenza (1Re 3,12 e 5,9).
(iii) luogo delle fantasie e dove avvengono le visioni (Gr. 14,14).
(iv)  luogo dove si rivela la stoltezza dell’uomo.
(v) luogo della volontà (1Re 8,17), della decisione (Es 36,2).

            Il “cuore” indica allora la persona nella sua interezza e totalità: la sua personalità e vita interiore, il suo carattere, la sua attività volitiva e spirituale. Così il cuore è il centro della responsabilità, cioè la capacità che ognuno ha nel dare risposta di quanto sceglie di fare. Tutto ciò che da esso proviene è “affare che riguarda l’interiorità dell’uomo” (Eichrodt). E, poiché questa responsabilità ha come termine di confronto nell’Antico Testamento lo stesso Dio, YHWH, allora il cuore diviene l’organo nel quale l’uomo prende posizione di fronte alle parole e alle azioni di Dio. Così il cuore è il luogo:

(i) del timore di Dio (1Sam 12,24; Gr 32,40).
(ii) dove l’uomo si affeziona alla legge di Dio (Is 51,7).
(iii) dell’indurimento nei confronti di Dio e del rifiuto (Is 29,13).
(iv)  della conversione a Dio (Sal 51,12).

I passi indicati sono solo una piccola parte di quelli che usano questa parola per indicare l’uomo nel suo più profondo essere. C’è quel bellissimo passo del Profeta Ezechiele che concentra il rapporto fra Dio e l’uomo “… vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (36,26).

In questo contesto l’aggettivo “nuovo” non designa un semplice cambiamento di un pezzo vecchio con uno nuovo, ma indica un rinnovamento totale, una trasformazione interiore, una “rivitalizzazione”; in poche parole è la stessa persona ma con un abito interno completamente rinnovato dall’incontro con Dio.

Per questo quando si parla di “cuore” nella Bibbia bisogna stare attenti a non fermarsi a quell’idea di sentimenta­lismo che oggi è di moda. Pronunciare la parola “cuore” per un ebreo significa avere presente l’uomo nella sua completezza e in rapporto chiaro, profondo e totale con Dio.

  1. L’interiorità’ nel Nuovo Testamento

Tutto lo sfondo tracciato sul Vecchio Testamento è chiaramente presente negli scritti del Nuovo Testamento, ma tutto acquista una luce nuova e la stessa interiorità dell’uomo è vista dall’esperienza fatta dagli Apostoli del Cristo morto e risorto. É questo il punto fondamentale da cui parte tutta la predicazione e l’annuncio della venuta del Regno di Dio (Mc 1.14).

In questo annuncio del Regno di Dio l’attenzione all’interiorità umana riveste un ruolo di primo ordine proprio perché l’oggetto primo dell’interesse di Dio è l’uomo nel suo intimo più profondo: è lì che Dio incontra l’uomo e viceversa.

Il Nuovo Testamento per indicare l’interiorità dell’uomo usa diversi modi, espressioni, parole fra le quali il “cuore” ha un posto predominante.

– Usa il pronome personale (Mt 9,3; 16,7; 21,5.38; 2Co 2,1).
– Usa le parole “mente”, “persona”, l'”io” (nous: 2Co 3,14;   Fil 4,7).

Usa il termine “cuore” (kardia):

  1. Come sede della vita spirituale, interiore in contrasto con l’apparenza esteriore (2Co 5,12; 1Tess 2,17). Il cuore raffigura l'”io” dell’uomo, la sua stessa persona (1Pt “l’uomo nascosto del cuore”).
  2. Come centro insondabile dell’uomo: è il luogo in cui si annida il peccato (Mc 7,21); il cuore indurito ed impenitente (Rm 2,5; 2Co 3,14), perverso ed incredulo (Eb 3,12), duro a capire e vittima delle tenebre (Rm 1,21; Ef 4,18). Non c’è uomo che possa toccare il fondo del proprio cuore e tanto meno quello altrui. Senza Dio l’uomo vive sotto il  potere del peccato che si annida nel suo cuore e da lì tiene in schiavitù.

Questa è la situazione dell'”uomo”. Ma è da qui che inizia il rinnovamento: solo Dio può scrutare a fondo il cuore dell’uomo (1Co 4,5; Rm 8,27; 1Tess 2,4): il cuore è il luogo in cui Dio entra in azione con l’uomo. In Rm 2,5 il cuore è chiamato “impenitente”: è lì che avviene o meno la CONVERSIONE, fatto “esistenziale” che riguarda TUTTO l’uomo.

Conclusione

Così per il Nuovo Testamento il cuore è dove abita l’interiorità: parlare con il cuore significa presentare se stessi semplicemente così come si è. É lì che l’uomo, essere creato da Dio, incontra se stesso, e lì che Dio pone la sua tenda (Gv 1,14), è lì dove Dio si fa incontrare ed è lì che l’uomo lo può riconoscere.